Il Capodanno è una delle festività più importanti in Giappone. È una delle rare occasioni in cui le famiglie si riuniscono durante l’anno e accolgono l’arrivo dell’anno nuovo insieme.
A differenza di altri paesi dell’Asia, dove il Capodanno viene celebrato seguendo il calendario lunare (come per esempio in Cina), in Giappone si festeggia il primo gennaio, come in Italia.
La Vigilia di Capodanno è chiamata Omisoka ed è tradizione per molti giapponesi recarsi al tempio di quartiere, che sia buddista o shintoista, per la prima preghiera dell’anno (hatsumode) allo scoccare della mezzanotte.
Durante la notte di Capodanno si beve sake e si mangiano soba, spaghetti di grano saraceno che simboleggiano una lunga vita.
Diversi sono invece i cibi tradizionali mangiati il primo gennaio. Il più classico dei pasti è l’osechi, un insieme di pietanze fredde sistemate in combinazioni curatissime sia dal punto di vista estetico che da quello del significato attribuito ai singoli cibi, che rappresentano ognuno un buon auspicio per il nuovo anno. Queste meraviglie culinarie sono talvolta cucinate a casa prima della fine dell’anno, ma sempre più spesso i giapponesi le ordinano con largo anticipo nei supermercati.
Un’altra tradizione di Capodanno è rappresentata dai mochi, polpette di riso glutinoso dalla consistenza gommosa e dal sapore leggermente dolce. I mochi vengono cotti nella tradizionale zuppa chiamata Zoni, ma vengono anche esposti sugli altari shintoisti nelle case sotto forma di Kagamimochi, una decorazione immancabile durante questo periodo.
Ma come si augura buon anno in giapponese? Ci sono due frasi diverse per farlo: prima del 31 dicembre i giapponesi si salutano con “Yoi otoshi wo” se sanno che non si vedranno fino all’anno nuovo, mentre dal primo gennaio ci si augura “Akemashite omedeto gozaimasu!”, un augurio per un buon inizio.